Integrare non dividere

Editoriale pubblicato il 30 mag 2024 nella newslsetter 22/2024

Non è passato molto tempo che un politico ha proposto le classi differenziate dividere gli studenti in classi separate sulla base della capacità in altre parole separare le persone disabili  dai “normodotati” . Non la pensa assolutamente cosi  , Emilia Gibelli che ha lavorato per diversi anni come insegnate di sostegno con una bambina tetraplegica, una bambina sorda, un bambino autistico, un ipovedente, un bambino iperattivo, bambini con disturbi del linguaggio, con ritardi mentali, psicosi, disturbi affettivi relazionali gravi provocati da violenze o da pesanti situazioni familiari. E ogni volta che mi siedo accanto a uno di loro lo considero un dono». In un intervista con il giornalista Mario Calabresi  continua «Ti obbliga a riconoscere che tutto è un dono, perché nessuno sceglie capacità e difficoltà. La nostra intelligenza e le possibilità che abbiamo ci sono state date e non lo dobbiamo dare per scontate. E deve farci comprendere che ogni persona ha un valore perché c’è, perché esiste, non per i risultati che ottiene». L’Italia è stato il primo paese al mondo che ha deciso, nel 1977, l’abolizione delle classi speciali con la legge sull’inclusione scolastica: «Non possiamo tornare indietro, è una conquista di cui dobbiamo essere orgogliosi. Ai miei scolari una volta ho detto: “Lo Stato ha talmente stima della persona che spende molti soldi affinché anche chi è più debole e in difficoltà possa fare un cammino e sviluppare le sue possibilità”. La trovo una cosa commovente che ci deve rasserenare tutti, perché tutti abbiamo qualche difficoltà. E dobbiamo sottolineare che c’è spazio anche per chi è imperfetto, non solo per chi è più efficiente». E come Emilia anche tutti coloro che per volontariato si avvicinano a queste persone con disabilità hanno uno  sguardo diverso sugli altri e sul mondo, hanno più empatia e capacità di accogliere.