C’è un profumo buono che torna a diffondersi nelle piazze italiane: quello della Zuppa della Bontà, iniziativa della Fondazione Progetto Arca che, dal 7 novembre, mobilita volontari e cittadini per offrire pasti caldi a chi vive in strada. Un gesto semplice, quasi antico: si prepara una zuppa, la si offre in cambio di una piccola donazione, e con quei cinque euro si contribuisce a dare da mangiare a chi non ha più nulla. L’idea è tanto umile quanto potente. Non si tratta solo di raccogliere fondi, ma di costruire un momento d’incontro. La zuppa diventa simbolo di vicinanza, di ascolto, di comunità che si riconosce nella condivisione. È il sapore della solidarietà che sa farsi concreta, visibile, tangibile — e che riesce, per qualche ora, a trasformare la piazza in una casa comune. Come ha ricordato il presidente della Fondazione, Alberto Sinigallia, «grazie a questo gesto, ogni giorno tante persone fragili possono ricevere un piatto caldo e completo». Ma forse il dono più grande non è solo quello che si offre: è quello che si riceve. Chi partecipa, chi serve un piatto o tende una mano, scopre che la bontà non è un sentimento astratto, ma un’azione quotidiana che dà senso e calore anche a chi la compie. Ecco perché iniziative come questa meritano di essere imitate, diffuse, reinventate. Ogni associazione, in fondo, può trovare la sua “zuppa della bontà”: un gesto semplice, capace di unire e di ricordarci che la solidarietà, prima ancora di essere aiuto, è relazione.