le felicità dell'imperfezione

Editoriale pubblicato il 09 feb 2017 nella newslsetter 05/2017

Sarà vero che per essere felici dobbiamo avere sempre e solo il meglio? Che dobbiamo adeguarci alle aspettative degli altri e dissimulare quel che siamo veramente per essere riconosciuti? Essere belli, avere successo ed essere sempre in forma per emergere e vincere nella competizione globale?
E se il "meglio" non coincidesse affatto con l'uniformità? Se la felicità fosse possibile solo imparando a valorizzare anche il "meno"?
Meno perfezione. Meno competizione. Meno pretese, in fondo. Anche semplicemente perché il concetto di felicità, di per sé, non è ne può essere normativo.
Non esiste un unico modo per realizzarsi ed essere felici. Anzi, più si lotta per essere "normali" o "speciali", più, talvolta, si soffre.
Essere felici, per esempio, è anche passare un pomeriggio con tante persone diversamente abili raccolte assieme per una semplice festa in maschera che di maschere non aveva bisogno. È condividere questi momenti, gioire con con queste persone di piccole cose: un po di musica, stare semplicemente assieme, sorrisi e abbracci.
Ecco, le persone con disabilità, loro che sono così "diversi" ci insegnano una cosa molto importante: ognuno si può sentire “unico” perché ognuno ha una propria normalità che non coincide mai con quella altrui! E per questo ognuno di noi è importante per gli altri.
Non scordiamolo noi stessi e aiutiamo gli altri a scoprirlo.