una gabbia di intolleranza

Editoriale pubblicato il 02 mar 0201 nella newslsetter 08/2017

Due uomini, due operai italiani, due donne rom, una gabbia, uno scherzo atroce. È recente il ricordo della giornata della memoria dove si cerca di non dimenticare, perché non si ripetano  le atrocità del periodo nazista, quando anche i “rom” venivano ingabbiati e poi eliminati.
In una società che vogliamo credere evoluta, tollerante e accogliente non può e non devono succeder fatti come quelli di recente accaduti. Le polemiche ovviamente non mancano ma preoccupa molto il sapere che molte, troppe persone, e fra questi anche politici di livello nazionale, abbiano applaudito il gesto dei due operai che al massimo sarebbe stato da liquidare come una inopportuna goliardata. Gesto che invece in questo modo diventa occasione per giustificare la cultura dell’odio.
Al di la del gesto di intolleranza dei due operai, corre il pensiero a quelle due donne Rom e alle loro condizioni di vita. Forse dovremmo chiederci, come società e come persone, cosa vuol dire appartenere ad un popolo con una storia di marginalizzazione e discriminazione che ha origine antiche. Con la nascita degli Stati moderni, il nomadismo, da loro praticato, è stato considerato come devianza dall'ordine statale, tanto da divenire sinonimo di criminalità: eloquenti sono le parole di Kant secondo il quale: "L'uomo del non luogo è criminale in potenza"(fonte).
Un pregiudizio atavico che si è spinto fino a generare le atrocità dei lagher.
Che questa inopportuna e poco edificante pagina della nostra cronaca ci serva almeno a verificare i nostri pregiudizi e a rileggersi qualcosa per capire l'altro e la sua storia prima di giudicarlo.