Terzo settore – passione o razionalità

Editoriale pubblicato il 28 set 2017 nella newslsetter 33/2017

 Riprendendo l’argomento della “Riforma del Terzo settore” e nell’attesa di averne una visione ancora più completa grazie al convegno che a breve il Forum del Terzo Settore del FVG  organizzerà, vogliamo condividere alcuni  interessanti  visioni che il prof Stefano Zamagni  ha scritto in un suo recente articolo apparso su un inserto del Corriere della Sera: “Le Buone notizie”.  Raccontare il "bene" alle volte è il “modo più sicuro per non diventare complici di chi diffonde disfattismi di ogni genere”, Il professore di Bologna afferma  che la riforma del terzo settore premia il bene che le organizzazione del Terzo settore fanno alla società “Riconoscendole”. Infatti  uno dei pilastri della riforma è “il passaggio dal regime concessorio a quello del riconoscimento. L’autorità pubblica non deve più concedere autorizzazione a un soggetto di Terzo Settore che intenda perseguire «senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale. L’autorità pubblica deve piuttosto prendere atto dell’esistenza di una tale volontà ed esigere - come è giusto che sia - il rispetto delle regole, oltre che esercitare i relativi poteri di controllo". Un secondo principio fondamentale si riferisce “al superamento di quella concezione che vedeva il Terzo settore come insieme di enti chiamati a compensare gli effetti perversi dei cosiddetti detti fallimenti dello Stato....La nuova concezione vedrà il Terzo Settore come una forma di agire che va a modificare le relazioni già esistenti tra tutte le sfere della società; ovvero come il lievito che, una volta inserito nella massa di pasta, la fermenta tutta quanta, e non solo una sua parte". La legge infine introduce il concetto dell’impatto sociale, ossia "la valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all'obiettivo individuato”. Un metodo che è già in vigore in altri paesi Europei e non si limita a misurare le cose fatte ma anche il bene che queste hanno prodotto nella comunità. Il problema sarà quello di trovare un metodo valido a “misurare” l’impatto sociale che tenga conto dell’identità e delle specificità proprie dei diversi enti di Terzo settore.