Italiani con "rancore"

Editoriale pubblicato il 07 dic 2017 nella newslsetter 43/2017

Dall'ultimo rapporto CENSIS appena pubblicato, emerge una fotografia della società italiana che sembra in uscita dalla “crisi” (come dimostrerebbero gli indicatori dell’economia) ma che sembra essere impreparata al futuro.
Si stà meglio (Il 78,2% degli italiani si dichiara molto o abbastanza soddisfatto della vita che conduce, diminuiscono i reati denunciati) ma le diseguaglianze continuano ad aumentare.
Non c’è stato per ora un “dividendo sociale" della ripresa e la scarsa mobilità sociale impedisce a chi si trova ai piani bassi della piramide del benessere di sognare un futuro migliore. Permane una diffusa paura di un ulteriore passo indietro: molti giovani che non trovano spazi per progettare un futuro migliore del proprio padre, troppe famiglie si trovano a dipendere dalla "pensione" del nonno per sopravvivere.
Questo “blocco della mobilità sociale” genera, secondo il CENSIS, un “rancore” diffuso. I gruppi sociali e i singoli individui – afferma il rapporto – hanno bisogno di immaginare il futuro, di riconoscersi in cammino verso un miglioramento delle proprie condizioni economiche e sociali e questo non può avvenire se la “politica” è aggrappata al presente resa miope dall’inseguire il quotidiano (l'84% degli italiani non ha fiducia nei partiti). Questo scollamento fra società e classe politica è sempre più evidente,come dimostra anche la crescente e preoccupante disaffezione della gente nelle varie elezioni locali o nazionali.
Se è vero che fa più rumore l'albero che cade della foresta che cresce, vogliamo credere che la ripresa "morale" è alle porte, preparata dal gran numero di persone che in tutta Italia, da nord a sud, non si abbandona al sentimento di rancore ma, spesso in silenzio, si dedica al volontariato, si interessa della tutela del territorio, difende i beni comuni, organizza dibattiti, formazione, iniziative di integrazione dei migranti, progetti innovativi per creare lavoro e benessere.
Non contro o al posto delle istituzioni, ma completandole e assumendosi insieme la responsabilità di ciò che è interesse di tutti.