per non dimenticare

Editoriale pubblicato il 24 gen 2019 nella newslsetter 03/2019

Celebrare la giornata della memoria non solo come “ricordo”  ma come contenuto: ovvero non “fare solo memoria” relegandola in una giornata pure importante, bensì  “vivere la memoria”, con la disponibilità e l’impegno quotidiani della nostra vita. Vivere la memoria è indispensabile per il presente e per il futuro. Vivere la memoria significa diffondere cultura, atteggiamenti e scelte che prevengono i pensieri negativi di discriminazione, di avversione, fino all’odio verso ogni altro diverso da noi; l’immigrato in particolare, ma anche le persone sessualmente diverse, quelle carcerate, povere, emarginate, mendicanti. Purtroppo oggi nel mondo, in Europa, in Italia, nella nostra Regione, si diffonde e si attua questo pensiero negativo, disumano. Pensieri di odio, di intolleranza sono sfortunatamente sempre più diffusi ma non vanno accreditati di un peso maggiore di quello che hanno, sarebbe un grosso errore minimizzarne la pericolosità. Le grandi migrazioni la paura per l’incertezza del futuro i timori di perdere la propria identità di paese, possono far riemergere dalle tenebre del passato fantasmi, sentimenti, parole d'ordine, tentazioni semplificatrici, scorciatoie pericolose e nocive. Contro queste minacce, contro il terrorismo, contro il razzismo e la violenza dell'intolleranza serve cooperazione internazionale, servono coraggio e determinazione. E' necessario, soprattutto, consolidare quegli ideali di democrazia, libertà, tolleranza, pace, eguaglianza, serena convivenza, sui quali abbiamo riedificato l'Europa dalle macerie della seconda guerra mondiale.
Vivere la memoria significa prima di tutto non essere indifferenti. Ci ricorda Liliana Segre: «Non faccio paragoni, non li voglio fare, li trovo sbagliati. Ma come noi eravamo senza nome, senza diritto ad avere un nome, cosi accade oggi. Allora si sapeva, si sapeva ai piani alti, ma furono altre le priorità, altre le scelte. Oggi lo sappiamo tutti, ma mentre il mare si chiude sui senza nome, nessuno interviene. Il nesso tra allora e oggi sta proprio nell’indifferenza».