In quale Paese abitare

Editoriale pubblicato il 31 gen 2019 nella newslsetter 04/2019

C'è il racconto di un'Italia spaventata, ostile, aggressiva: del “prima noi” e del “guai a loro” che appare nelle strade, negli stadi, nelle manifestazioni, negli assembramenti - improvvisati ma non troppo – coagulatisi grazie alla parola contro. E c'è il racconto di un'Italia coraggiosa e civile che guarda senza paura al mondo che sta cambiando, un mondo povero che arriva e un mondo povero che ci circonda nelle nostre città. Mondi che ci fanno domande e ci chiedono di scegliere quali risposte ognuno di noi vuole dare. Un anonimo signore a Milano – ex manager - ha scelto la generosità silenziosa e concreta che aiuta persone che non possono curarsi o hanno perso casa e lavoro e dice «Chi ha deve aiutare chi non ha. Il valore dei nostri gesti è direttamente proporzionale a quello di cui ci priviamo per aiutare gli altri. Credo abbia più peso il gesto di un pensionato che rinuncia a venti euro che non quelli come me, che non devono rinunciare a nulla. Nemmeno al superfluo». Lui è una delle tante storie discrete e positive di solidarietà che possono fiorire anche nelle grandi città.
Ci sono quattro donne, diverse per età, luoghi di vita ed esistenze che hanno scelto quale Italia vogliono abitare; quello che fanno sono risposte lineari e straordinarie nella loro semplicità. Lorena, psicoterapeuta in pensione a Pordenone; Elena, che lavora a Bussoleno e vive nell’alta Valsusa, Jessica, studentessa a Cosenza, Giorgia. Come l'anonimo signore di Milano si sono trovate di fronte, concretamente, situazioni di marginalità, di esclusione e non si sono voltate dall’altra parte. Sono rimaste lì, dove sentivano che bisognava stare a fare quello che serviva. Le racconta il bel documentario “Dove bisogna stare” che fa bene vedere e far vedere perché aiuta anche noi a scegliere quale Italia vogliamo abitare.