salvaci

Editoriale pubblicato il 24 giu 2021 nella newslsetter 25/2021

Alle volte quel grido “salvaci” che viene dai tanti giovani rifugiati arrivati con i barconi   hanno avuto  un lieto fine. Ricordando la “giornata del rifugiato” del 20 giugno vi raccontiamo la storia di Mohamed che si imbarcò per raggiungere l’Europa. L’unica cosa che aveva erano gli abiti che indossava, ma a lui non importava. Mohamed era disperato, voleva lasciare la Libia a tutti i costi. Lui e gli altri rifugiati venivano trattati in modo disumano: imprigionati, vessati dai trafficanti, attaccati e derubati da bande criminali. Forse vivere in Italia sarebbe stato meglio. Il barcone, stretto e senza nessun riparo, è troppo piccolo per poter trasportare trentadue persone, ma i trafficanti ci spingono dentro ugualmente. Uno di loro ci conduce lontano dalla costa ma, una volta arrivati al largo, salta su un’altra barca e ritorna in Libia. In cambio del viaggio gratis, due dei passeggeri vengono lasciati a pilotare la barca. Gridano, litigano e discutono su quale direzione prendere».  Il Mediterraneo, Malta, poi l’Italia. «Mohamed non aveva idea di dove si trovasse o dove sarebbe dovuto andare. Fortunatamente un tunisino gli chiese se avesse bisogno di aiuto. L’uomo e alcuni suoi amici comprarono a Mohamed un biglietto per Roma, dove dormì alla stazione Termini con altri senzatetto. Tutto ciò che aveva era una busta di plastica con i propri effetti personali e un pezzo di cartone su cui dormire. Dopo pochi mesi, Mohamed fu portato in un centro di accoglienza per migranti minorenni non accompagnati chiamato Civico Zero». Studia l’italiano, fa un corso di formazione per diventare receptionist negli hotel e si appassiona alla fotografia. Mohamed oggi «lavora come portiere in un albergo e trascorre il suo tempo libero scattando foto. Le sue fotografie hanno fatto il giro dell’Italia, dove sono state esposte anche nella biblioteca parlamentare, e sono arrivate a Londra e a New York. Mohamed e suo fratello, Momadi, che vive in Mali, si sono ritrovati. Un lieto fine.


Dal libro “In mezzo al mare” Mary Beth Leatherdale