Gratuità da salvare

Editoriale pubblicato il 20 mar 2014 nella newslsetter 11/2014

Vorremmo richiamare certi concetti, certi valori che i compianti Luciano Tavazza e Mons. Nervo indicarono come valori fondanti del “volontariato” in Italia. Riteniamo che il ruolo della gratuità sia uno dei valori dell’essere volontario. Da questa fondamentale dichiarazione ne discende che è inammissibile che le organizzazioni di volontariato svolgano attività commerciali al di fuori ed oltre quelle di imprese marginali, come previsto dalla normativa vigente. Riteniamo poco legittima e quantomeno poco rappresentativa dell’immagine di gratuità la remunerazione di dirigenti seppur apicali delle organizzazioni di volontariato. Non riteniamo legittimi i rimborsi forfettari di spese vive senza adeguata documentazione a rendicontazione. Questa pratica, può, molto spesso, nascondere compensi in nero. La gratuità del volontariato deve emergere in tutte le attività e prestazioni svolte senza alcun dubbio o sospetto. Ci lascia perplessi la possibilità di adeguare le normative nazionali a quelle europee ben sapendo che queste inseriscono il volontariato fra le ONG. Queste normative comprendono si soggetti NO profit ma assai differenti dal volontariato: come le cooperative sociali, le associazioni di promozione sociali, le associazioni di cui al libro Primo del Codice civile, le Fondazioni e, nessuno, che crede nello spirito del volontariato, può auspicare una confusione tra questi differenti soggetti NO profit. Voler attribuire la qualifica di Volontariato alle Imprese sociali cozza contro la cultura della gratuità del volontariato, almeno come lo abbiamo appreso da Luciano Tavazza e da Giovanni Nervo. Consideriamo infine necessaria ed urgente la modifica alla legge 266/91 in particolare, tra le altre modifiche da apportare, il riconoscimento di organizzazioni di volontariato di secondo e terzo livello ed il rilancio del tema della gratuità senza se e senza ma.