Io sono Charlie

Editoriale pubblicato il 15 gen 2015 nella newslsetter 2/2015

Identificarsi con chi è vittima di una violenza. Per dire prima di tutto indignazione per qualcosa di inaccettabile, di profondamente inumano che non può avere nessuna giustificazione.
Ma anche per dire ai "mandanti" che noi non ci stiamo, non siamo dalla vostra parte, colpite anche noi e i milioni di persone che non accettano questa violenza.
Quello che è avvenuto a Parigi è senza dubbio un atto terribile, in se ma anche per il valore simbolico che esprime. E per le paure che comprensibilmente risveglia.
Giusto e doveroso indignarsi e condannare.
Giusto e doveroso, passata l'emozione del momento, riflettere con calma, informarci, approfondire. Prima di tutto per evitare, magari senza volerlo, di fare il gioco degli estremisti, alimentando il clima di terrore e la paura. Lo psichiatra Parknas afferma che la violenza è una soluzione paranoica del conflitto, in quanto invece di costruire una vera soluzione, spesso è solo un modo per scaricare momentaneamente la tensione senza affrontare i veri nodi e innescando al contrario una pericolosa escalation.
Ci chiediamo quindi, come cittadini e come volontari: noi cosa possiamo fare?
Come diceva Alex Langher, abbiamo sempre più bisogno di costruttori di ponti, capaci di far crescere dal basso una rete di solidarietà, rispetto e dialogo che serva da antidoto alla paura e al rischio che prevalga la caccia alle streghe. Ma anche per far sentire a chi ci governa che si deve imboccare con coraggio la strada della giustizia e della solidarietà, uniche che possono davvero garantire un futuro di pace e sicurezza per tutti.
Buonismo o realismo? Da qualche parte è scritto che "i miti erediteranno la terra".