Terzo settore non sussidiario ma sostegno alla stato

Editoriale pubblicato il 07 lug 2016 nella newslsetter 27/2016

“Non è più il tempo della sola lotta alla povertà materiale o relazionale, non ci sono più soggetti marginali anche se numerosi a rischio. Vi sono piuttosto intere generazioni del presente e del futuro destinate all’esclusione sociale. … Trentacinque milioni di europei – esclusi dai processi produttivi- sono la conseguenza di una economia che non ha più al centro la preoccupazione primaria della tutela della dignità e libertà della persona. Non ci si può come volontari occupare solo dei poveri ma anche scoprire, individuare, modificare i meccanismi di questa grande macchina della povertà”.
Luciano Tavazza nel 1995 (Il cercatore di arcobaleni")
In questo panorama di ieri, ma oggi  attuale, si è innestato il solidarismo moderno, dove il terzo settore non è più solo sussidiario allo Stato, bensì ne è l’ultimo sostegno. Le risposte si strutturano ulteriormente (Fondazioni imprese sociali, welfare generativo) ma si sta anche vedendo un volontariato con interventi sempre più “mordi e fuggi” e con i cittadini impegnati  sempre più in singole azioni di prossimità, piuttosto che far sistema nel cercare una forte unità di azione e di intenti. Ben venga il rilancio del servizio civile quale strumento di sperimentazione per tutti i giovani in risposte sociali-solidali. Bene la risposta strutturata d’impresa sociale dove varie forme di impegno si coniugano con la gratuità, nella comune finalità di cambiare la nostra società e trovare forme che producono bene pubblico, riconoscendone anche fiscalmente il loro beneficio. Quello a cui dobbiamo stare attenti è non perdere, con questa riforma, la gratuità, in quanto senza la gratuità il mondo sarebbe più sterile. Essa è lo stile del volontario, essa è stata il motore del cambiamento per realizzare il bene comune.