dichiarare illegale la povertà

Editoriale pubblicato il 11 gen 2018 nella newslsetter 01/2018

Così iniziava il nostro primo editoriale 2017: "Si è aperto un nuovo anno ma è già pesante dei vecchi, odiosi carichi di conflitti armati irrisolti, dei poveri lasciati senza risposte, di una convivenza sociale spesso difficoltosa". Oggi, inizio 2018, pare che le cose non siano di molto cambiate. Anzi, forse anche un po’ peggiorate. È un buon motivo per scoraggiarsi e lasciar perdere? No. Sappiamo che il bene non fa rumore ed ha sempre minore visibilità del male. Guardiamo con fiducia ai milioni di persone nel mondo che si donano agli altri e lavorano per la promozione umana e la salvaguardia del pianeta. E ci sono anche persone, come Riccardo Petrella, che tengono sempre desta la nostra attenzione e consapevolezza di quanto i problemi abbiano una dimensione ormai planetaria e come tali vadano affrontati: unire gli sforzi, collegarsi, costruire grandi reti di resistenza e di iniziative comuni e concrete. Ci sollecita con sfide grandissime: “L’umanità ha bisogno di un nuovo patto sociale mondiale, fondato sulla fine della globalizzazione guerriera, sulla cessazione di un’economia predatrice della vita sulla Terra, sullo sradicamento delle cause strutturali dell'ineguaglianza e dell’impoverimento dei più.. Finanza giusta, beni comuni come diritti inalienabili e cittadinanza attiva e inclusiva”. Temi che sono al centro delle tre campagne di sensibilizzazione che fanno parte dell’iniziativa internazionale “Banning Poverty 2018”. Bandire la povertà, dichiararla “illegale” perché si è poveri non solo se siamo senza soldi ma quando la collettività non garantisce il diritto di accesso ai beni e ai servizi essenziali e insostituibili alla vita. L'impoverimento è strettamente legato alla privazione dell'accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari, all'alimentazione, alla salute, alla conoscenza, all'educazione, alla casa.